Sinossi
C'è un'adolescenza "spensierata e forse banale e forse scontata", e poi c'è la malattia che all'improvviso divora tutto. Alla fine di quello smarrimento, Chiara - la protagonista di questo romanzo, il primo di Chiara Gamberale, che dell'autrice porta il nome e il cognome - sente che per riemergere, per ritrovare il filo dell'identità, non deve insistere a guardare in faccia il buio, ma piuttosto spostare lo sguardo sulle persone che la circondano. Perché non ci esauriamo nel nostro dolore, anzi: forse la nostra vera essenza continua ad agitarsi ai bordi del dolore, che nel caso di Chiara è quello di una terribile forma di anoressia e bulimia, "un dolore lungo e magro, in bianco e nero". Così, è un teatro dell'assurdo quello in cui il lettore entra all'urlo di "bisogna essere intensi", una girandola di sogni, amicizie, paure, buio che fa capolino da una sensibilità spiccata e originalissima. Chiara appare attraverso i legami con gli altri, che sia la scrittura dei diciotto diarietti riempiti insieme a Cinzia sui banchi di scuola o l'amicizia quasi d'amore con Emiliano, che sia la professoressa Ricca del liceo Socrate oppure il cane Jonathan, a cui "importa solo che io sia e ci sia". Gli anni dell'adolescenza scorrono attraverso una scrittura che rivela in controluce tutta la sofferenza, la fatica di vivere che riempie ogni storia di senso e di gratitudine.